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Punto di arrivo piuttosto che traiettoria
MONTHLY INVESTMENT BRIEF
FEBBRAIO 2021
Laurent Denize,
GLOBAL CO-CIO &
GLOBAL HEAD OF FIXED INCOME
La "riapertura dell’economia" favorirà le azioni europee ed emergenti rispetto a quelle americane, e le azioni cicliche rispetto a quelle difensive, con una predilezione per le piccole capitalizzazioni in tutte le zone
La recente volatilità dei mercati ci sprona a collocarci su un orizzonte di fine anno, per dare la precedenza al punto d’arrivo piuttosto che alla traiettoria, probabilmente sfasata.
Perché siamo ottimisti?
- Le prospettive di crescita economica sono negative sul breve termine, ma un sostegno sotto forma di budget aggiuntivo dovrebbe generare una reflazione sufficiente non solo ad evitare una contrazione dell’attività, ma anche a consentire all’economia mondiale di accelerare oltre il proprio potenziale.
- Affinché le previsioni di crescita economica e di utili stimati dal consenso per il 2021 si materializzino, l'immunità di gregge e la fine del distanziamento fisico devono verificarsi quest’anno. Gli Stati Uniti, ma non solo loro, non stanno ancora vaccinando a un ritmo compatibile con il conseguimento dell’immunità di gregge entro l’estate, anche se proiezioni credibili del nuovo governo Biden fanno pensare che il ritmo accelererà significativamente entro la fine di febbraio.
- Lo scorso anno, in media, le famiglie hanno accumulato risparmi considerevoli (15% del reddito disponibile negli Stati Uniti). Se questi risparmi fossero utilizzati completamente dopo la piena riapertura dell’economia, lo scarto di produzione (“output gap”) passerebbe anche puntualmente in territorio positivo. Non dobbiamo però illuderci: l’anticipo di eventuali aumenti delle imposte e una riduzione permanente di alcune spese di servizio impediranno di spendere la totalità del risparmio forzato.
Oggi resta da capire se la riapertura dell’economia sia già scontata nei prezzi degli attivi rischiosi.
Le aspettative del mercato in tema di crescita degli utili per i prossimi 12 mesi sono già conformi ad un ridimensionamento dello scarto di produzione e gli analisti prevedono che gli utili per azione dell’S&P 500 nel giro di 12 mesi saranno superiori di circa il 3% ai livelli di inizio pandemia.
Il fatto che le aspettative di mercato rispecchino già ciò che si potrebbe verificare il prossimo anno significa forse che le azioni sono troppo care? Se non altro, ciò indica che sono poco probabili i rendimenti a due cifre, dato che le valorizzazioni sono ai limiti. Ai limiti, certo, ma davvero c’è il rischio bolla?
Il rapporto prezzo/utile del Nasdaq composito attuale si colloca a 41x contro le 70x di marzo 2000 (e le quasi 25x per la media dal 1975, escluso il periodo di bolla del 1998-2000 e di scoppio della bolla del 2000-02). Siamo quindi ancora ben lontani dalla bolla osservata in quel periodo.
Facendo riferimento al passato, gli aumenti di utile in linea con le attese o superiori sono quasi sempre accompagnati da performance di borsa positive. In effetti, è raro che le azioni crollino quando gli utili raggiungono o superano il consenso, tranne laddove ci si confronti a uno shock di crescita importante. Gli utili hanno toccato o superato le aspettative nel 1995, nel 2004-2007, nel 2010-2011 e nel 2018 e in questa configurazione le azioni hanno realizzato rendimenti a una o due cifre. I rendimenti negativi da un anno all’altro si sono fatti notare solo brevemente e sono legati a cambiamenti rilevanti nelle prospettive economiche: la crisi del debito sovrano della zona Euro nel 2011-2012 o l'inizio della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti nel 2018.
L’esuberanza di alcune classi d’attivi, pur essendo sicuramente un segnale d’allerta, non rimette in discussione il nostro scenario perché è molto localizzata. Manteniamo la rotta. La "riapertura dell’economia" favorirà le azioni europee ed emergenti rispetto a quelle americane, e le azioni cicliche rispetto a quelle difensive, con una predilezione per le piccole capitalizzazioni in tutte le zone.