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Guerra in Ucraina: quali impatti?

Market Insight 10.03.2022

MONTHLY INVESTMENT BRIEF

MARZO 2022

 

Laurent Denize

Laurent Denize,
Direttore degli investimenti, ODDO BHF AM

Dobbiamo proteggere il capitale ed è troppo presto per cogliere delle opportunità. Per il momento, manteniamo una posizione difensiva

Viviamo momenti drammatici, le scene di guerra a cui assistiamo alle porte dell’Europa sono sconvolgenti e il rischio di guerra nucleare non è mai stato così presente. Cerchiamo comunque di farci prendere dal panico, che spesso è cattivo consigliere.

In termini molto pragmatici, se un missile a testa nucleare si dovesse dirigere verso di voi, la dimensione e la composizione del vostro portafoglio non avranno più nessuna importanza. Per questo, dal punto di vista puramente finanziario, occorre ignorare il rischio esistenziale, anche se, nella vostra vita privata, vi preoccupa molto. Conviene quindi allontanarsi dal rischio ultimo, senza per questo ignorare i numerosi rischi estremi già menzionati.

1. Riassunto dei movimenti realizzati nei portafogli

Dal 14 febbraio e prima che scoppiasse la guerra, abbiamo adottato un posizionamento prudente, decidendo di sottopesare le azioni. Precisiamo che i nostri fondi non erano e non sono direttamente esposti agli attivi russi o ucraini (azioni, obbligazioni).

Nei portafogli azionari abbiamo ridotto il rischio aggiungendo liquidità, senza però richiedere ai gestori di modificare la loro filosofia d'investimento. Abbiamo inoltre venduto le azioni più illiquide per evitare trappole di liquidità in caso di deterioramento della situazione, specie per le piccole e micro capitalizzazioni.

Nei portafogli obbligazionari abbiamo prevalentemente lavorato sulla duration. Abbiamo quindi mantenuto la nostra posizione corta, pur aggiungendo emittenti Investment Grade su scadenze brevi per limitare l'impatto di un potenziale calo dei tassi, specchio di un’avversione al rischio.

Nei portafogli diversificati, abbiamo preso due serie di misure. Per prima cosa, abbiamo ridotto il rischio alleggerendo l’esposizione alle azioni o vendendo le obbligazioni di credito a beta elevato (obbligazioni ibride corporate, debito subordinato, obbligazioni coco...). Dopodiché, abbiamo cercato di trovare dei metodi di diversificazione: l’oro per i mandati che lo consentono, valute rifugio JPY, CHF, USD, o ancora opzioni di copertura, riducendo globalmente l’esposizione all’Europa rispetto al resto del mondo.

Anche se per alcuni le valorizzazioni sembrano abbastanza allettanti da scommettere su un rimbalzo, abbiamo preferito rimanere prudenti e abbiamo rapidamente ridotto le esposizioni.

Per questo siamo riusciti ad attraversare il periodo senza importanti danni collaterali.

Che dire delle nostre strategie oggi? Non possiamo essere soddisfatti di alcune strategie che stanno sottoperformando (azioni fondamentali, azioni quantitative). Tuttavia, la recente performance migliora grazie al nostro posizionamento prudente. Sul fronte obbligazionario, le performance si riprendono con vigore e i nostri fondi High Yield tornano nel primo quartile su 1 anno e da inizio anno. Resistono bene anche i fondi tematici, a riprova del fatto che il processo d'investimento basato sull’intelligenza artificiale è robusto.

2. Aree e settori in grado di resistere meglio in questo contesto

Aree geografiche: Dall'inizio delle ostilità, la performance relativa degli attivi europei ha seguito l’evoluzione dei prezzi del petrolio e del gas naturale, alimentando le probabilità di stagflazione in Europa. L’aumento dei prezzi dell’energia è e resterà legato a una sottoperformance delle azioni europee, a un calo del rapporto EUR/USD e a una diminuzione nei rendimenti reali tedeschi rispetto a quelli statunitensi. È difficile pensare che i prezzi dell’energia facciano passi indietro, a prescindere dallo scenario. L’esposizione alle azioni nei portafogli deve essere, oggi più che mai, diversificata oltre la sola zona Euro. Ciò non significa che aumentiamo pesantemente la ponderazione degli Stati Uniti, dato che in questo contesto le valorizzazioni restano elevate. A 19 volte i risultati previsti a 12 mesi, siamo ben lontani da uno sconto…

Sui mercati emergenti, ci riposizioniamo sulla Cina. L’obiettivo di crescita fissato a circa il 5,5 % è un chiaro segnale della determinazione delle autorità a raggiungere quest’anno la stabilità economica. Per farlo, i responsabili politici lanciano uno stimolo fiscale del valore di circa il 3% del PIL. D’altro canto, l’obiettivo annuo di riduzione dell’intensità energetica è stato interamente abbandonato per quest’anno, per poter dare la precedenza alla sicurezza energetica. Ultimo punto, ma non per importanza, osserviamo le prime intenzioni di abbandono della politica di tolleranza “zero-Covid”. In questo contesto preferiamo quindi le azioni domestiche cinesi, più al riparo da un eventuale giro di vite regolamentare e più in grado di approfittare dei piani di rilancio infrastrutturale. Riponderiamo inoltre il settore tecnologico cinese che ha sottoperformato del 45% su un anno il suo omologo americano.

Settori: Dopo un inizio anno col botto, le banche hanno accusato tutto il colpo della crisi ucraina, ritracciando interamente la sovraperformance del 20% da inizio anno. Che cosa dobbiamo o possiamo fare oggi? Analizziamo il periodo post crisi energetica del 1973. Le banche erano sprofondate del 44% tra il 19 ottobre ‘73 e il dicembre 1974, recuperando solo dopo 15 mesi. L’aumento nei costi del capitale potrebbe avere ripercussioni significative sulla capacità di distribuire i redditi (rendimento del dividendo previsto oggi al 7,5%) e rischia di limitare il potenziale delle banche. Tuttavia, la possibilità evocata di un piano di rilancio “Difesa ed Energia” finanziato da un’emissione di obbligazioni europee comuni dovrebbe consentire di contenere il rallentamento in Europa. In questo contesto, il recente crollo delle valorizzazioni al 49% del valore contabile consentirà a breve un riposizionamento strategico a lungo termine. La ponderazione deve restare debole e in linea con la volatilità del settore, ovvero meno del 5% di un portafoglio.

Preferiamo inoltre un ritorno al settore della salute, che offre buona visibilità sui flussi di cassa futuri, un indebitamento contenuto e valorizzazioni ragionevoli.

3. Principali assi della nostra asset allocation

Non vi sono segnali positivi a sostegno di un cambiamento del nostro posizionamento. Dobbiamo proteggere il capitale ed è troppo presto per cogliere delle opportunità. Per il momento, manteniamo una posizione difensiva. Tuttavia, per i portafogli che seguono un benchmark, riduciamo di poco lo scarto rispetto agli indici, con l’obiettivo di prendere benefici e di gestire il rischio. Restiamo sottoponderati nelle azioni, in particolare sulle piccole capitalizzazioni. Quanto alle obbligazioni high yield, è ancora troppo presto per reinvestire, anche se gli spread si sono fortemente ampliati.

Pur non sapendo come si evolverà la situazione, potete stare certi che i team sono totalmente impegnati nella gestione dei vostri investimenti. Dobbiamo restare calmi, flessibili ed adattare le nostre strategie all’evolversi del contesto. È molto probabile che il peggio debba ancora arrivare per gli ucraini, ma lasciatemi sperare, dal profondo del mio cuore, che il peggio non si materializzi.

È vero, operiamo nel breve termine, ma cerchiamo anche di misurare le eventuali conseguenze a lungo termine di un simile conflitto. Più indipendenza energetica, meno mondializzazione, un nuovo regime d’inflazione... porterebbero cambiamenti sostanziali nelle regioni/nei settori/nelle aziende vincenti e perdenti. Vi stiamo già lavorando e vi comunicheremo le nostre conclusioni.

Lasciatemi concludere con un messaggio di speranza e di pace.

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